Come ridurre in rischio di infortunio?

L’infortunio sportivo costituisce un momento critico nella vita di un atleta.
Esistono tre tipi di infortunio: uno da impatto, in cui la lesione è dovuta all’incidente; il secondo da usura, dove l’atleta abusa del proprio corpo non accorgendosi del proprio limite; infine, l’infortunio psicosomatico, in cui il continuo rimanere sotto stress provoca lesioni o malattie che bloccano la carriera dell’atleta.
Alla luce di questo, possiamo definire l’infortunio un vero e proprio evento traumatico.
Il trauma può essere visto come una spaccatura tra un prima e un dopo l’infortunio. E’ un evento improvviso, che la persona non ha potuto elaborare e diventa quindi destabilizzante su due livelli: a livello fisico, a causa delle lesioni riportate; a livello psicologico, poiché cambia il modo di vedere se stessi e il mondo.
Tutte le volte che una persona vive una situazione traumatica per sé, vengono inscritte nel cervello delle tracce di memoria veicolate dal rilascio di ormoni quali adrenalina e cortisolo, gli ormoni dello stress. Per questo, ricordiamo maggiormente un evento negativo rispetto ad uno positivo, allo scopo di poter anticipare i pericoli in futuro.
Aree di indagine
Nelle ricerche e in letteratura si possono osservare due macro aree di interesse: da una parte le reazioni emotive e cognitive che si manifestano tendenzialmente negli atleti dopo questo evento e come queste ultime influiscano sul recupero (intervento post infortunio) e, dall’altra, le variabili psicologiche che agiscono sulla vulnerabilità ed aumentano la probabilità che un infortunio possa accadere (valutazione di rischio pre infortunio).
L’infortunio sportivo coinvolge quattro aree interconnesse: l’area del benessere fisico (dolore, possibilità di cambiamenti permanenti, restrizioni temporanee dei movimenti), l’area di valutazione dello stress (stress positivo e stress negativo), l’area del benessere psicologico (emozioni, immagine personale, obiettivi, auto- efficacia), l’area del benessere sociale (perdita del ruolo, diverso modo di relazionarsi con l’ambiente sportivo).
Nelle aree sopra elencate, esistono alcune variabili che se presenti, aumentano in rischio di infortunio e i tempi di recupero in un eventuale intervento post infortunio.
L’area di valutazione dello stress
Un atleta che si trova in una condizione di stress, avrà una risposta attentiva alterata, con un conseguente aumento della tensione muscolare, riduzione del campo visivo e quindi un incremento della distrazione. Questa risposta, oltre a peggiorare la performance, potrebbe più facilmente condurre ad errori o incidenti.
L’area del benessere psicologico
Per quanto riguarda gli aspetti di personalità, i rischi sono più elevati negli atleti con caratteristiche ansiose e depressive, con bassa consapevolezza e autostima. La capacità di leggere le proprie emozioni, la capacità di riconoscere la stanchezza e una buona pianificazione dell’allenamento sono alcune delle strategie di coping che giocano un ruolo fondamentale nel pre e post infortunio.
L’area del benessere sociale
Ricerche dimostrano che persone dotate di una solida rete sociale (amici, squadra, famiglia) hanno meno possibilità di incorrere nel rischio di infortunio e una maggiore possibilità di recuperare in tempi ragionevoli rispetto a chi invece tende ad isolarsi dal contesto di appartenenza. L’infortunio non coinvolge solo il singolo ma tocca anche la sua rete. Un clima di squadra definito da alta competitività, rivalità interna, concentrazione sul risultato e bassa collaborazione può portare ad un maggiore rischio di infortunio.
Come ridurre il rischio di infortunio?
Nell’ottica della prevenzione, sarebbe utile lavorare sulle strategie dell’atleta per aiutarlo a riconoscere la relazione tra le sue caratteristiche personali, eventi di vita negativi, pensieri, emozioni e stati fisiologici, con lo scopo di minimizzare l’impatto degli stressor. A tal fine possono essere predisposti interventi psicoeducativi, tecniche di stress-management e goal setting. Lo psicologo dello sport ed l’allenatore possono lavorare insieme nell’identificare i comportamenti di allarme dell’atleta per allenare atleti più prestanti e longevi.
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