ESSERE FAMIGLIA OGGI

LODI E PUNIZIONI vs CURIOSITA’ E RELAZIONE

Nonostante i genitori desiderino il meglio per i propri figli, inconsapevolmente, possono adottare delle strategie disfunzionali di comunicazione con questi ultimi.

Lo stesso vale anche per gli insegnanti nel contesto scolastico, e per gli allenatori  in ambienti sportivi. In questi casi, una comunicazione efficace favorisce un maggior senso di benessere nei bambini e anche una maggiore possibilità di raggiungere i risultati desiderati da quest’ultimo.

“Mio figlio si butta per terra al supermercato e urla!”

“Mio figlio ha preso un bel voto a scuola”

“Il mio atleta non ascolta la mia correzione”

“Il mio atleta ha svolto correttamente l’allenamento”

Queste sono alcune situazioni in cui i genitori, gli allenatori o gli insegnati possono utilizzare punizioni o lodi.

Ma siamo sicuri che sia il modo giusto di Educare i bambini/ragazzi?

La risposta a questa domanda è estremamente difficile da trovare essendo che, il giusto o sbagliato nell’educazione è un confine labile che in ogni situazione può cambiare.

Proviamo a riflettere sulla differenza tra “supporto condizionato e supporto incondizionato”.

La prima riflessione importante riguarda le aspettative. E’ importante chiedersi se i nostri comportamenti nascono da una nostra aspettativa o se sono una lettura dei bisogni e delle aspettative del bambino. Questo non vuol dire, ad esempio, che non siamo responsabili dell’insegnamento delle “regole sociali”, ma che è importante anche spostare l’attenzione su come il bambino vive quelle regole.

Per supporto condizionato si intende l’interazione tra genitore e figli, allenatore e atleta, insegnante e alunno, dettata dalla teoria “bastone e carota” dove si educa il bambino attraverso punizioni o premi, critiche o lodi. 

“SE CONTINUI COSÌ TI METTO IN PUNIZIONE” 

“QUANDO FAI COSÌ SEI CATTIVO, NON TI VOGLIO VICINO A ME” 

“HAI PRESO UN BEL VOTO! TI REGALO…”

“MA CHE BRAVO CHE SEI QUANDO…!!”

Questo tipo di interazioni hanno determinate caratteristiche:

  1. I feedback sono rivolti alla persona. 
  2. Sono delle valutazioni perché i feedback si concentrano sul risultato, su i premi. Così si riduce il senso di autonomia e si sposta il focus della motivazione intrinseca a quella estrinseca.
  3. La critica non è accompagnata da strategie utili. In questo caso, l’adulto esprime solo la critica, il che porta a un senso di frustrazione crescente nel bambino, a causa del fallimento e anche per il fatto di non conoscere altre possibili strategie d’intervento.
  4. Il linguaggio non verbale è carico di emotività negativa (rabbia, frustrazione). Questo, incrementa nel bambino un senso di disagio e amplifica il circolo vizioso di rabbia dell’adulto che induce impotenza nel bambino che aumenta la sua protesta che aumenta di conseguenza la rabbia dell’adulto.

Il supporto incondizionato si definisce in una frase: “io ti amerò sempre con i tuoi difetti e i tuoi pregi”. Quando i bambini ci fanno impazzire, non ubbidiscono o deludono le nostre aspettative abbiamo la responsabilità di spiegarli cosa non ha funzionato nel loro comportamento, ma abbiamo anche l’OBBLIGO di far capire loro che sono comunque amati e amabili. 

Le parole chiave quindi sono:

  1. I feedback, positivi o negativi, sono rivolti al comportamento. Ad esempio, “Bel tiro”, invece che “Bravo”. Rimandare un feedback sul comportamento, evita l’attribuzione di etichette che possono risultare dannose.
  2. Descrive invece che valutare attraverso feedback che si concentrano sul processo. Ad esempio, “Ti sei impegnato molto e la verifica è andata bene”, favorisce una maggior senso di autonomia e aumenta l’autoefficacia.
  3. Dopo una critica, riflettere insieme su possibili altre strategie invece di imporle. Questo, orienta l’attenzione del bambino verso il nuovo comportamento da mettere in atto, piuttosto che sulla percezione d’incompetenza.
  4. Adottare un linguaggio non verbale e un atteggiamento che esprimono tranquillità. Questo, favorirà, a sua volta, un atteggiamento più calmo del bambino e una maggiore possibilità di interiorizzare il feedback.
Gli elementi di questo approccio possono essere raccontati in una acronimo: SCOPRI 

S – Stare nel presente con il corpo e con la mente. Il tempo passato insieme è sempre meno, ma se in quel tempo coltiviamo una relazione consapevole prestando attenzione a momento presente quel tempo diventa prezioso.

C – Consapevolezza che genera la possibilità di scegliere, e in questo caso si tratta di scegliere la risposta più adeguata al momento e non lasciarsi guidare in maniera automatica istintiva dalle emozioni.

O – Onestà nel processo narrativo. Essere autentici mostrando la propria mente e le proprie emozioni al bambino. Essere un esempio sia a  livello relazionale che a livello di comportamento sociale.

P – Partecipazione. Riflettere insieme, cooperare insieme sulle esperienze di vita quotidiana e soprattutto sul processo educativo.

R – Risonanza. Entrare in risonanza con le esperienze emozionali dei nostri figli prima di cercare di modificarne i comportamenti. Si creano così situazioni in cui il bambino si “sente sentito”, ovvero sente di esistere nella mente del genitore. Le sue emozioni così vengono riconosciute e condivise.

I  – Integrazione tra ciò che ci accade e il contenuto emozionale ad esso associato, al fine di comprendere il senso di ciò che succede e fornire gli strumenti che permettono di sviluppare capacità di riflessione e comprensione.

 

COME POSSIAMO AIUTARE IL BAMBINO A RAGGIUNGERE IL SUO SVILUPPO IDEALE?

In realtà non abbiamo alcun modo certo di farlo, ma sappiamo che la strada coerente è quella di puntare sull’equilibrio del “sistema bambino”, perché solo l’equilibrio garantisce uno sviluppo efficiente. Sappiamo, inoltre, che l’equilibrio non vuol dire staticità, ma movimento. Questo ci permette di intuire che per creare cambiamento e sviluppo bisogna creare uno sbilanciamento e di conseguenza una crisi. La crisi quindi diventa funzionale all’equilibrio.

Due sono le conoscenze scientifiche che ci guidano:

  1. Qualunque caratteristica si desideri far sorgere nel bambino, l’unica cosa indispensabile è volerli bene. Se un contadino vuole che un albero cresca sana e buoni frutti, lo pianta innanzitutto su un terreno adatto.
  2. Per modificare un sistema si deve entrare in piena interazione con esso accettando di essere cambiati quanto di cambiare.

Riprendendo l’ultima domanda, come raggiungere uno sviluppo ottimale del bambino, come farlo dipende da diversi fattori impedendoci di dare direttive generali efficaci. Come farlo dipende dal bambino, dal genitore, dall’educatore, dalla relazione fra loro, dall’ambiente, dal momento, dallo stato emotivo di entrambi, dall’esperienze precedenti, dalle conseguenze probabili.

In questa complessità nelle nostre emozioni troviamo l’autenticità.

Proviamo a chiederci

QUALI EMOZIONI PROVO QUANDO SONO IN RELAZIONE CON MIO FIGLIO?

QUALI EMOZIONI PROVO QUANDO SONO IN RELAZIONE CON I MIEI ATLETI?

BE YOU

Luisa Forcherio

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